Pro e Contro di Ghost in the Shell di Rupert Sanders

Ghost in the shell

Abbiamo già parlato del live-action firmato da Rupert Sanders, basato sul film d’animazione del 1995 di Mamoru Oshii. Di recente è trapelata la notizia per cui negli Stati Uniti Ghost in the shell sarebbe stato un grandissimo flop ai botteghini. La critica l’ha bocciato senza remore, mentre il pubblico si è diviso a metà. Vi riportiamo perciò 5 Pro e 5 Contro del film, per cercare di confrontare le due fette di reazioni al film d’azione che è stato già additato come il titolo flop del 2017.

PRO

1. GLI EFFETTI SPECIALI

É davvero sorprendente come questo film riesca a trovare uno stile visivo con un visual davvero con i fiocchi. Anche visionato in 2D, il film è spettacolare ed è davvero difficile notare la differenza tra ciò che è costruito artificialmente al computer e ciò che invece è fisicamente sulla scena.

2. IL MONDO

Non si sa come sarà il 2029, ma se c’è una parola per descrivere il mondo creato sullo schermo di Ghost in the shell, quella parola è WOW. La città prende vita con mille colori, ologrammi giganti in movimento sulle facciate dei grattacieli, con un altissima quantità di dettagli che alla fine del film daranno quasi il mal di testa a chiunque.

3. TAKESHI KITANO

Chi non conosce Takeshi Kitano alzi la mano. Si tratta di una delle icone del cinema giapponese più conosciute al mondo. É l’unico personaggio nel film che parla giapponese, che minaccia solo col suo viso caratteristico e che è pronto a riempire di pugni chiunque gli si metta contro.

4. L’AZIONE

L’azione di Ghost in the Shell, oltre che i suoi lati più filosofici ed intimi, ha ispirato un’intera generazione del cinema americano, tra cui la saga di Matrix. Le sparatorie, come le Le arti marziali, sono pienamente spettacolarizzate con delle coreografie incredibili e che pagano omaggio al film originale di Oshii.

5. IL CAST

Il cast è senza dubbio la chiave del Ghost in the Shell di Rupert SAnders. Scarlett Johansoon si inserisce bene nella mentalità di un personaggio a metà tra un androide ed un’umano insicuro. Anche Pilou Asbaek, uno dei Greyjoy ne Il trono di spade, ricopre magnificamente i panni di Batou. Per non parlare di Juliette Binoche e Michael Pitt. Una ensemble pazzesca!

CONTRO

1. WHITEWASHING

Non mi dilungherò troppo sul whitewashing, ma la polemica è nata in America perché si tratta dell’ennesimo film tratto da fonti giapponesi con attori bianchissimi. Sebbene il cast possa essere azzeccato, ci sono troppi momenti di confusione, da domande tipo: “Ma in che città siamo?” o “Un giappone senza giapponesi?” o addirittura “perché solo Takeshi Kitano parla in giapponese?”

2. POCO GHOST, TROPPO SHELL

Ghost in the Shell inseriva nella corrente cyber-punk l’azione a gogò con tematiche intimistiche che volevano far riflettere sul rapporto complesso tra macchine ed umanità. In questo film si perde molto, quasi tutto, il tappeto tematico e filosofico del film di Oshii per focalizzarsi sull’aspetto visivo.

3. LOST IN TRANSLATION

Quasi tutti i critici che hanno cestinato il film hanno usato la parola “confusionario” per descriverlo. E per un buon motivo. Tradurre un’opera in un’altra, quest’ultima specificatamente un block-buster hollywoodiano, non è cosa semplice. L’intero franchise ha subito una forte semplificazione, specialmente dal punto di vista della sceneggiatura, per appagare i gusti del genere e gli spettatori neofiti. Il tutto ha reso la storia una pappardella difficile da digerire.

4. IL PRINCIPIO SEINFELD

Seinfeld è citato come il capostipite delle sitcom, da cui sono derivate, secondo i critici, le sitcom eredi che però hanno perso il principio di originalità del primo. Questo accade anche per Ghost in the Shell. Se il primo film era un’opera all’avanguardia, con delle tematiche uniche ed originali per l’inizio della decade degli anni ’90, questo ultimo film non ci dice nulla di nuovo, anzi, spesso preferisce sfruttare cliché drammatici per cercare la via dell’originalità.

5. UN OMAGGIO VUOTO

 E qui parliamo di originalità. Rupert  Sanders ha voluto rendere omaggio ad Oshii, che a quanto pare sia stato anche contento del remake hollywoodiano della sua opera. L’omaggio è stato reso con inquadrature identiche, studiate nel dettaglio, tonalità di colori molto simili, e un look che spesso ha poco di originale. L’omaggio però perde significato davanti ad un vuoto di consistenza nella storia e in quei cambiamenti che non rendono il film originale, semmai solo piatto.

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