Recensione del film dello Studio Ghibli “La storia della Principessa Splendente” regia di Isao Takahata
La storia è ispirata alla celeberrima – ma non per noi – Taketori Monogatari, fiaba del X secolo in cui si narra di un tagliatore di bambù che trova una bambina vestita da principessa e piccola come il palmo di una mano all’interno di una canna di bambù risplendente. Dopo averla portata in casa, il vecchio e sua moglie la crescono come fosse una figlia e, considerando il suo incontro come segno divino, dedicano tutti i loro sforzi nel far di lei una degna principessa, ritenendo che questo le possa dare la felicità a cui chiunque aspirerebbe.
La Principessa Splendente è un mirabile esempio di eroina animata, in cerca disperata della felicità, che mostra come questa fiaba ancora oggi sia totalmente moderna, immersa in un contesto contemporaneo in cui ciò di cui si racconta – la vita nei campi e gli ideali di semplicità – ci sembrano così lontani. Isao Takahata, che aveva già sperimentato uno stile asciutto e simile a quello delle strisce comiche nel suo Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun (sempre della Studio Ghibli ma ancora inedito in Italia) del 1999, ci regala una delizia per gli occhi e per la mente, una pellicola degna di essere apprezzata e guardata per ciò che è: una storia disegnata come se ci venisse raccontata una storia della buonanotte.
Articolo di Marcello Cuomo